Le vestigia della cultura e della società dei
Sanniti oggi si sono in gran parte disperse e confuse con quelle latine, per
l'opera spesso violenta di assimilazione che i Romani intrapresero per il timore
di una loro rinascita. Ma gli studiosi oggi sono sempre più impegnati
nell'interessante riscoperta del popolo sannita.
Tale era la fama di combattenti dei
sanniti che la specialità gladiatoria più antica deriva il suo nome proprio da
questa popolazione. Il gladiatore "Sannita" era armato pesantemente, con elmo a
calotta con o senza cimiero, e protetto da un grande scudo rotondo o
rettangolare, con il torace nella maggior parte dei casi indifeso, e con uno o
due schinieri. La sua arma era un gladio corto e affilato o una lancia. |
Infine più a sud gli Irpini che occupavano la parte più
meridionale del Sannio, ovvero un lembo della provincia di Benevento e l'intera
provincia di Avellino: "irpini" da hirpus che nella lingua parlata dai
Sanniti, l'osco, significa "lupo", un omaggio che essi stessi davano alla
propria forza ed indipendenza, più che alla propria ferocia. Tra romani e
sanniti lo scontro durò secoli e finì come tutti sappiamo. Può rimanerci il
gusto di immaginare come sarebbe potuta cambiare la storia nostra e, va
aggiunto, del mondo, se da questa lotta fossero usciti vincitori i sanniti.
Un'ipotesi tutt'altro che improbabile, se si esaminano le tracce
profonde e sanguinose che il conflitto coi sanniti lasciò nella memoria dei
romani e la scia di timori e di cautele che continuò a generare tanto nei
maggiorenti quanto nel minuto popolo romano. Sia i primi che i secondi, infatti,
partecipavano in massa ai ludi gladiatorii, dove protagonisti erano proprio
i gladiatori detti "sanniti" e, guardando questa testimonianza indiretta della
loro proverbiale combattività, dovevano certamente sentirsi orgogliosi per
averli vinti e sottomessi, ma anche, almeno inconsciamente, dovevano essere
altrettanto convinti di averla scampata bella. |
Sicuramente i sanniti non si sarebbero spinti fin dove si sono
spinti i romani, almeno non con i mezzi usati dai romani stessi. Difficilmente
avrebbero unificato l'Italia sotto il proprio dominio e ancora più difficilmente
avrebbero imposto una "lex sannitica" dall'Atlantico fino al Golfo Persico.
Tuttavia è anche vero che i sanniti erano abilissimi diplomatici,
come dimostrano ampiamente le numerose leghe e alleanze che riuscirono a
costruire per resistere a Roma, come pure è molto plausibile che le dimensioni
di un'eventuale vittoria sannita non avrebbero mai raggiunto, soprattutto per
volontà dei sanniti stessi, quella totalizzante supremazia che invece era
l'unico obiettivo dei romani. Per i sanniti, dunque, uscire vincitori dallo
scontro con Roma significava preservare le proprie prerogative e la propria
indipendenza e raggiungere una pace duratura, magari accompagnata e garantita da
una solida alleanza con le altre popolazioni della penisola: romani compresi.
Il quadro che così si forma è suggestivo: possiamo immaginare
un'Italia federata, molto solida e coesa al proprio interno e forse un po' meno
propensa di quella romana ad espandersi all'esterno, ma certamente un durissimo
osso da rodere per chi volesse aggredirla.
Roma, così, non sarebbe probabilmente la capitale d'Italia, ma lo
sarebbe forse Bojano: che oggi, dopo tanti secoli, è una cittadina ricca di
storia e di tradizioni, ma non una capitale. Se non forse la capitale italiana
del "fiordilatte", per le ottime mozzarelle di latte vaccino che vi vengono
prodotte ed "esportate" in tutta Italia.
Ma lasciamo da parte questi viaggi con la fantasia, per
intraprenderne, invece, uno nella storia vera del Molise sannita, quella che
possiamo vedere con i nostri occhi.
E l'itinerario ideale di questo viaggio deve partire da
Campomarino, in provincia di Campobasso, dove, in località Arcora, è stato
rinvenuto un insediamento protostorico risalente al XVIII-IX secolo a.C.
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