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Isernia capitale italica...

Le tracce dell'Homo Aeserniensis si disperdono lungo le centinaia di millenni. La storia di Isernia ci ripporta, invece, a tempi da considerare già recenti su questo vastissimo schermo. Come e quando nacque Isernia?  Fin da epoche remote le popolazioni stanziate sulle creste dell'Appennino, che vivevano di pastorizia, si spostavano stagionalmente alla

Sanniti - Bovianum Guerrieri della Lega Sannita - da sinistra: Caudino, Irpino, Lucano e Pentro

   ricerca di pascoli freschi per le loro mandrie secondo la pratica antichissima della transumanza.

Carovane di uomini e greggi si muovevano lungo tracciati erbosi che collegavano le alture appenniniche alle piane pugliesi e campane: i tratturi. Forse a partire dal II millennio a.C. la popolazione dei Sabelli cominciò a insediarsi sui territori che percorrevano: quei luoghi  divennero col tempo veri e propri villaggi fortificati, recintati con blocchi di pietra grezza. La leggenda vuole che questi esodi fossero guidati da un bue consacrato il quale sceglieva il posto dove fermarsi: era il rito migratorio del Ver Sacrum (Primavera Sacra). Una tribù di Sabelli (chiamati poi Sanniti per latinizzata trasformazione linguistica dall'osco Safin) occupò il territorio corrispondente all'attuale provincia di Isernia: era la tribù dei Pentri, la più numerosa e agguerrita.

Sorta su uno dei principali tratturi, su un declivio collinare lambito dai fiumi Carpino e Sordo, in una posizione geograficamente strategica, Isernia divenne presto uno dei centri vitali dell'economia territoriale e teatro di memorabili azioni belliche, a partire dal IV secolo a.C., quando Sanniti e Romani si fronteggiarono per la supremazia sulla penisola italica. I Sanniti vivevano tra gli stenti, coltivando in modo rudimentale le rocciose colline della loro terra, allevando pecore e buoi, cacciando. La povertà spingeva molti di essi a guadagnarsi la vita come soldati mercenari, data la loro fama di combattenti valorosi. Uno dei loro giochi preferiti, infatti, era quello gladiatorio che si svolgeva in occasioni importanti: nozze, riti religiosi e funebri. Qualche storico narra, ad esempio, che ogni anno venivano prescelti dieci giovani e dieci vergini perchè fossero uniti in matrimonio secondo la graduatoria che si stabiliva: per i maschi il concorso era uno scontro gladiatorio, o una gara atletica.

I Sanniti, come tutti i Sabelli, parlavano una lingua comune: l'osco, ma non erano portati a scriverla. Solo dopo, a contatto con Etruschi, Latini e Greci, essi crearono un alfabeto scritto di cui resta, unico, importantissimo documento, la Tavola di Agnone, del III secolo, (attualmente si trova al British Museum di Londra) in cui sono menzionate le divinità che i Sanniti scrupolosamente veneravano. Un santuario di preminente importanza era per i sanniti Pentri il Tempio di Pietrabbondante, uno dei luoghi archeologici più suggestivi d'Italia. I Sanniti avevano fama di guerrieri formidabili, e ciò dipendeva non solo dai fattori genetici di un popolo montanaro abituato alla lotta per la sopravvivenza, ma anche da elementi politici, che li distinguevano da altri popoli italici e non: essi possedevano una fortissima «coscienza nazionale», che fu la causa dello scontro radicale e irriducibile con i Romani; inoltre, non adottarono, per principi etici

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