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l'istituto largamente praticato della «schiavitù». I Sanniti
Erano e Volevano uomini Liberi.
Proprio questa «coscienza nazionale» li rese nemici mortali dei
Romani, e Isernia sannitica subì in modo disastroso tutte le vicende di
guerra tra i due popoli, fino a che fu ridotta a colonia romana nel 263. Da
allora Isernia venne perdendo la sua fisionomia di «pagus» per acquisire quella
di una municipalità organizzata con i criteri urbanistici che i Romani sapevano
realizzare: acquedotto, tempio, foro, botteghe, officine artigiane disposte
sugli assi viari principali.
Tuttavia i Sanniti Pentri non si integrarono mai con i coloni
romani. I romani rimasero «Romani», invasori privilegiati da leggi romane, e i
Sanniti restarono Sanniti, cittadini di seconda classe, con i terreni
espropriati, tasse da pagare sul bestiame e sui pascoli, esclusi dall' |
amministrazione, con una guarnigione fissa di soldati da
mantenere e far divertire. Perciò, quando scoppiò la guerra sociale nel 91, fu
facile per i «nazionalisti italici» e Pentri cacciare la guarnigione degli
occupanti e riprendere Isernia, che divenne la roccaforte della resistenza
antiromana e capitale dei popoli italici. Da allora il romano proconsole Silla
concepì un odio implacabile per i Sanniti e mise in atto il suo proposito di
genocidio: con ferocia implacabile percorse tutto il Sannio Pentro distruggendo
ogni cosa e massacrando tutti gli abitanti. Gli scampati al macello si
rintanarono sui monti e sopravvissero per anni come bestie braccate, con fame e
terrore: lo sterminio cancellò l'identità sannita. Il processo di romanizzazione
del Sannio Pentro si sviluppò rapidamente: veterani, mercanti, avventurieri,
liberti, profittatori di ogni genere si riversarono su questa terra distrutta.
Ma, comunque, a poco a poco la ripopolarono, avviando la ripresa.
Fonte: Isernia, dalla preistoria alla povincia
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