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Santangelo

Oltre l'Apocalisse...

Arrivano i Longobardi, i feroci guerrieri di Odino!

Il territorio [di Isernia...] viene depredato, occupato e incorporato nel ducato di Benevento. La gente, impaurita ed affamata, si raccoglie intorno alla comunità ecclesiale: attende la fine del mondo e chiede speranza. Il Vescovo raccomanda la preghiera, la solidarietà, il lavoro. La Chiesa Cristiana diventa la «fortezza» di una popolazione avvilita, e irradia il suo messaggio anche sui barbari.

saraceni
Saraceni

La vita riprende.

I Longobardi, cristianizzati, rafforzano la cinta muraria di Isernia, edificano chiese e conventi, riportano la città al suo ruolo di centro principale della contea, che sarà poi «Molise», non più Sannio. All'inizio dell'VIII secolo tre nobili giovani beneventani, Paldo, Tato e Taso, fondano alle sorgenti del Volturno il monastero di San Vincenzo, destinato a vita gloriosa. Re, Imperatori e Papi ne consacrano il prestigio: lì volle fermarsi Autperto, primo segretario dell'Imperatore Carlo Magno, quando questi vi fu ospite nell'800. La relativa tranquillità di questo periodo fu interrotta dalle incursioni delle bande di Saraceni che, dopo aver saccheggiato e distrutto il monastero volturnense, si riversarono su Isernia radendola al suolo (881). Con i successivi invasori Normanni il territorio si immiserì totalmente: è l'epoca in cui le comunità rurali per autodifesa iniziano ad arroccarsi sui monti e a costruire fortificazioni: l'attuale fisionomia dei paesi della provincia, con i suoi castelli, ricorda quei tempi funesti.

Neanche l'illuminato sovrano Federico II andò tanto per il sottile, quando distrusse gran parte della città nel 1223, ma la sua munificenza permise a Isernia di riassumere la dimensione di primo centro urbano della contea. Morto Federico divamparono le lotte per la successione: negli scontri tra guelfi e ghibellini, papalini, francesi, imperiali e i fedeli a Re Manfredi, Isernia divenne ancora triste scenario di morte e distruzione. Sospetti, vendette, ritorsioni, esecuzioni sommarie caratterizzarono il clima dell'epoca. Un esempio illustre: Enrico d'Isernia, innocente uomo di cultura, fu incarcerato, torturato, espropriato dei beni e costretto all'esilio in terra straniera, a Praga, dove svolse un'intensa attività di umanista, primo tra gli europei. Mentre i potenti con i loro capitani di ventura e mercenari infestavano le contrade razziando città e villaggi, la popolazione umile, desiderosa di pace, si raccoglieva sempre più intorno alla Chiesa: unica luce nelle tenebre. In questo clima arroventato, nacque da una coppia di poveri contadini di Isernia Pietro Angeleri, che si fece monaco e scelse la vita eremitica sulle montagne dell'Abruzzo. Nella sua città natale fondò la società della «Fraterna» con scopi assistenziali e istituì l'ordine dei monaci Celestini. Già in odore di santità, fu eletto al papato (1294) col nome di Celestino V, incarico al quale rinunciò dopo solo quattro mesi per ritornare all'ascési, disgustato dal mondo. I suoi confratelli crearono a Isernia parecchi edifici sacri durante il governo angioino (S. Francesco, S. Spirito, S. Chiara). Dopo la morte del Santo, i monaci Celestini, messi al bando dalla Chiesa come eretici, furono difesi da un altro grande figlio di questa terra: Andrea d'Isernia, il più eminente giurista dell'epoca.

Fonte: Isernia, dalla preistoria alla provincia