Il computo del tempo
4. Incas e Maya
«Gli Incas avevano un anno rituale diviso in dodici mesi. Il loro
calendario era lunare, cioè basato sulla luna crescente e sulla luna calante, e
quindi ciascun mese aveva il suo nome e il suo rituale.
Il nuovo anno incaico cominciava nel mese di dicembre con una
grande festa. L'ottavo mese, equivalente al nostro luglio, segnava il periodo
della purificazione della terra.
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Le terre venivano divise di nuovo e il consiglio dei Cajas si
riuniva per verificare che questo fosse fatto a dovere.
Per prima cosa il consiglio ne teneva da parte un terzo per
l'Inca. Il secondo terzo della terra era tenuto in serbo per il Sole, ovvero per
la religione dello stato. Il restante terzo era diviso tra i membri del clan e
non uniformemente, ma a buon diritto: la terra cresceva per ogni figlio che
veniva al mondo e questo era giusto».
Victor W. Von Hagen, Gli Incas, popolo del sole, Newton,
Roma
«I monumenti maya, fino allora misteriosi, acquistarono d'un
tratto un significato. Con l'aiuto dei disegni e con la conoscenza che aveva
acquistato della grafia numerica dei Maya, lo studioso sostava dinanzi ai templi
e alle gradinate, ai fregi e alle colonne, e si rendeva conto che in questa
architettura maya edificata senza bestie da tiro e mezzi di trasporto, e dove
ogni scultura era ricavata nella pietra con strumenti di pietra, non c'era
ornamento, rilievo, fregio di animali che non fosse in rapporto diretto con una
data.
Ogni costruzione maya era un calendario pietrificato.
Se finora aveva destato sorpresa la ripetizione apparentemente
priva di senso o l'improvvisa interruzione degli spaventosi volti di pietra, si
apprendeva ora che tale ritmo esprimeva un numero o una speciale pausa del
calendario.
Un'architettura di questo genere, completamente subordinata al
calendario, non è mai esistita in nessun'altra parte del mondo.
E ci furono scienziati che dedicarono tutta la loro vita al
calendario dei Maya: e quando ci si addentrò sempre più profondamente negli
arcani del calendario, si ebbe un'altra sorpresa: il calendario maya era il
migliore del mondo!».
C. W. Ceram, Civiltà sepolte, Einaudi, Torino