1860 & Dintorni
(Borbonici, Garibaldini, Galantuomini, Briganti e Cafoni)
E il ciclone arrivò. Come sempre, Isernia fu una
delle zone di intensa pressione. Nel 1860 l'avanzata di Garibaldi con i suoi
«mille» provocò una reazione a catena di fermenti, speranze, incertezze, panico
in ogni strato della popolazione.
I «galantuomini» isernini, non diversamente da quelli siciliani o
calabresi, «gattopardescamente» attendevano per «cambiare tutto per non cambiare
niente». Il solo ostacolo era costituito dalle famiglie «liberali», e da
personaggi «scomodi» come Stefano Iadopi, un «carbonaro» dichiarato e schedato;
una incombente minaccia per quei galantuomini che, nell'insicurezza, rimanevano
fedeli alla monarchia borbonica.
Il clero, dal canto suo, presentava i «liberali» e i garibaldini
come agenti di Satana. Galantuomini e clero convinsero i cafoni che i liberali e
i garibaldini li avrebbero cacciati dalle terre ed esclusi dai diritti
demaniali: la rabbia dei contadini esplose in modo violento.
Isernia era presidiata da uno sparuto manipolo di |
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camicie rosse e dalla Guardia Nazionale, mentre un esercito
borbonico si avvicinava dalla Campania. 30 settembre 1860: una massa di 500 /
600 contadini, armati di ronche, coltelli, forconi, clave e schioppi, irruppe e
imperversò nella città assaltando le abitazioni dei «liberali»: fu un'orgia di
violenza e di sangue. 5 ottobre: il palazzo Iadopi era saccheggiato e
incendiato, mentre teste di garibaldini venivano infilzate su pertiche e portate
in processione. La tempesta dilagò, sincronicamente, in quasi tutti i comuni del
distretto.
Il governo piemontese istruì un processo per i crimini perpetrati
a Isernia, ma i galantuomini, i veri carnefici, ne uscirono indenni e
continuarono a spadroneggiare, ingannare e usurpare: i veri perdenti furono i
cafoni. Il nuovo Stato si rivelò assai più ingiusto e rapace: tasse
moltiplicate, servizio militare obbligatorio, un pezzo di terra sogno
inaccessibile. Vessati dai padroni e traditi da tutti, essi concentrarono il
loro odio secolare sulle famiglie dei benestanti, ritenuti complici del nuovo,
durissimo corso governativo. Molti, per protesta, si diedero alla macchia e
divennero Briganti (terroristi, guerriglieri, taglieggiatori), ma l'
«ordine» fu ferocemente ristabilito. Il brigantaggio fu poca cosa rispetto al
dramma di spaventosa portata che si sarebbe verificato dopo qualche
decennio: l'emigrazione, meglio definibile come esodo di massa. L'industria
piemontese e lombarda, potenziata dai capitali depredati dall'ex Regno di
Napoli, mise in ginocchio l'economia del Sud: contadini, artigiani e anche
professionisti furono costretti a vendere terre, botteghe e case per acquistare
il biglietto senza ritorno per le lontane Americhe. Anche di questa dolorosa
circostanza profittarono i borghesi possidenti, diventando strozzini, mediatori
prezzolati, spoliatori: essi, infatti, rastrellarono case e terre capitalizzando
la sventura di chi partiva con la sua valigia di cartone. «In questo grave
stato di cose, la maggior parte del nostro popolo (un terzo quasi) videsi nella
dura ma salutare necessità d'emigrare; e chiedere in altri lidi la soluzione del
gran problema sociale: Pane e Lavoro...» («Aquilonia», 1884, Agnone).
Fonte: Isernia - dalla preistoria alla
provincia